Home
Turismo Accessibile
- Dettagli
- Visite: 6708
1) Hotel Terme Antoniano a Montegrotto Terme (PD) dove si può usufruire di fangoterapia, bagni in acqua termale e fisioterapia mirata. La struttura è fornita di attrezzature atte a superare i problemi di trasferimento. Ottima disponibilità del personale e buona cucina;
2) a Marinella di Sarzana (SP) è stata attrezzata parte di spiaggia comunale riservata alle persone disabili, munita di carrozzine per l'accesso al mare e personale di accompagnamento.
Parcheggio riservato. Tutto gratuito.
Speriamo che quanto segnalato possa esservi utile per future vacanze!!!
Berlino Accessibile! Dall'esperienza del nostro Socio e Amico Lorenzo e della sua famiglia.
- Dettagli
- Visite: 5725
" Cari amici di Lorenzo,
ci siamo lasciati nelle ultime news rivelando una vaga intenzione di vacanza, non approfondita per ragioni scaramantiche, e adesso finalmente ne possiamo parlare senza remore, come ci chiedono anche alcuni amici che vogliono un aggiornamento sui nostri trascorsi estivi.
Nell’impossibilità di un aggiornamento personale e diretto, abbiamo pensato ad una specie di “edizione straordinaria” delle “LorenzoNews”.
Ebbene si, ce l’abbiamo fatta… Siamo riusciti a fare una settimana di vacanza, ma vacanza vera e senza secondi fini sanitari. Abbiamo scelto Berlino per mettere insieme due esigenze, quella di Lorenzo di conoscere meglio una metropoli in crescita e con una storia così.. europea, nel bene e nel malissimo, e quella di Ilaria di fare un po’ di esercizio di tedesco. Abbiamo programmato una settimana di soggiorno che, al netto dei viaggi di andata e ritorno, si è ridotta a 5 giorni effettivi di permanenza, però abbastanza intensi.
Grande merito di questa prima uscita vacanziera è di Lilly, la sorella di una mia collega che ci ha messo in contatto con un’agenzia berlinese specializzata nei soggiorni accessibili. Questa agenzia ci ha procurato un’ottima sistemazione in centro città, nella zona occidentale, in un albergo che si è dotato di un letto elettrico e materasso antidecubito presso una sanitaria, disponendo già come struttura di un ampio bagno con doccia a pavimento senza scalini o barriere. Tutti accorgimenti che in Italia non si trovano da nessuna parte, mentre ci è parso di capire che in Germania l’attenzione per sistemazioni alberghiere “barrieren-frei” sia molto più scrupolosa (c’è addirittura una catena di alberghi che garantiscono un terzo di camere accessibili per carrozzine).
L’accessibilità di Berlino, per spostamenti con una carrozzina elettrica, è infinitamente superiore a quello che riusciamo a immaginare per qualunque città italiana e la presenza di persone che si spostano in carrozzella è così frequente, da non destare alcuna curiosità o attenzione. 4 autobus su 5 sono normalmente dotati di pedana estraibile comandata dagli autisti, che non fanno tutte le storie dei nostri conducenti AMT per azionare il ponte levatoio (come sanno gli amici della Consulta).
L’organizzazione teutonica rispetto alle barriere architettoniche non è lontanamente paragonabile a quella nostrana, anche se il meccanismo non sempre è perfetto. Per esempio, non sempre i marciapiede presentano il passaggio perfettamente a raso in corrispondenza degli attraversamenti pedonali e non tutte le linee della metropolitana hanno le carrozze con accesso a livello banchina (non lo hanno le carrozze più vecchie); così come a volte gli accessi ai musei non sono proprio il massimo.
Comunque, è un altro mondo ed un’altra cultura che si misura fin dal primo contatto informativo. Facciamo solo un esempio: abbiamo scoperto all’ultimo minuto che per entrare in città ci vuole un bollino verde antinquinamento (“Feinstaubplakette”) che si ordina via web fornendo le caratteristiche del veicolo. Dopo averlo prenotato e pagato, abbiamo capito che in realtà grazie al contrassegno europeo di disabilità eravamo esentati, ma la richiesta di esenzione era in tedesco; nel frattempo, nel giro di 4 giorni, è arrivata a casa questa “placchetta”. Abbiamo scritto al funzionario comunale lamentando la non chiarezza delle istruzioni per gli stranieri e la modulistica solo in tedesco e due giorni dopo è arrivata la risposta in cui la dirigente del competente ufficio berlinese riconosceva che effettivamente le procedure di esenzione dall’estero non erano molto chiare per cui avrebbero migliorato la comunicazione con l’utenza. Non staremo a controllare se lo fanno, siamo già basiti all’idea che i responsabili rispondano e si scusino; da noi neppure ci avrebbero risposto.
Il viaggio di andata è stato relativamente comodo, anche se molto lungo: abbiamo capito perché si chiama “la grande Germania”, è veramente enorme e non finisce mai. Sono 1200 km che abbiamo coperto in 15 ore dovendo fare una serie di tappe, e il nostro furgone ha un motore mostruoso, un vero gioiello tedesco, ma è anche mostruosamente scomodo. Comunque il giorno dopo l’arrivo non abbiamo voluto fare soste per riprenderci ma siamo andati a visitare qualcosa di vicino all’albergo e quindi abbiamo visto il museo cittadino in Kurfusterdamm che ha una ricca serie di filmati, foto e disegni sulla storia di Berlino dal medioevo ai giorni nostri. Tutto molto interessante ma ovviamente gli ultimi 70 anni occupano la parte principale degli audiovisivi e quindi abbiano avuto un primo assaggio di cosa è stata la “città divisa” durante la Guerra Fredda: con tanto di visita ad un rifugio antiatomico degli anni ’70, programmato per ospitare 3600 persone per 15 giorni (le prime che si fossero presentate).
Dopo il classico giro panoramico dei riferimenti cittadini (Bundestag, Porta di Brandemburgo ecc.), l’indomani gita all’isola dei musei con ovvia sindrome di Stendhal data la vastità del parco museale berlinese, incredibilmente ricco (anche di artisti italiani, compreso ritratto di nobildonna genovese di van Dick acquistato dal Kaiser dalle nostre parti).
Una giornata intera –e la meritava - l’abbiamo dedicata alla visita al campo di concentramento di Sachsenhausen, sconosciuto ai più mentre in effetti era il centro di comando dell’intera rete dei campi di sterminio nazisti. E’ enorme ma conservato solo in piccola parte, però molto ben organizzata a molto attenta agli aspetti storici ma soprattutto alle molte storie individuali che si sono potute mettere insieme.
Non ci sono parole per descrivere un luogo della memoria come questo lager, che meriterebbe pellegrinaggi scolastici obbligatori da tutta Europa, se non per dire che un recente attentato dei nazi-skins ha mandato a fuoco una parte delle baracche che erano state ricostruite sugli schemi e foto dell’epoca per dare un’idea della struttura originaria del campo. Nella ricostruzione della ricostruzione, si è voluta mantenere la parte bruciata per far capire che il totalitarismo e l’idea della superiorità razziale non sono stati debellati nel 1945.
Interessante anche la parte dedicata al “riuso” da parte dei sovietici della struttura per i prigionieri di guerra tedeschi e per la “denazificazione”, oltre che per il trattamento dei propri militari ritenuti “traditori” per la prigionia in Germania. Da cui si capisce che non è stata una delle migliori pagine del garantismo e che nel dopoguerra si è fatta molta confusione: molti non hanno pagato il dazio e tantissimi hanno pagato anche per loro.
Non abbiamo il tempo di discutere se i tedeschi abbiano fatto veramente i conti con il loro passato, soprattutto le generazioni più anziane, perché si ha la sensazione che ad un certo punto sia scesa una coltre amnistiale su tutto quello che era successo dal 1930 al ‘45; salvo poi a scoprire che molti gerarchi e funzionari che avevano programmato e attuato la “soluzione finale” nel gennaio 1942 hanno poi avuto pensioni di stato o che un famoso attore televisivo aveva la sua scorta di cimeli nazisti…
Comunque, siccome anche noi abbiamo in proposito i nostri bravi scheletri nell’armadio, tra le migliaia di foto che parlano ai visitatori, abbiamo casualmente incocciato quelle relative alla visita che fece il nostro “Ministro della Razza” nel 1938 per ispirarsi sul posto a Sachsenhausen prima di scrivere il suo manifesto di quell’anno (altro luogo topico dell’amnesia nazionale). Amnesia che si spinge fino al punto di cancellare dagli archivi della memoria i nomi e cognomi dei principali artefici del manifesto della razza, per cui cercando con i più diffusi motori di ricerca non riuscirete a trovare il nome di colui che come ministro della razza nostrano visitò il campo di concentramento. Grati a chi avesse informazioni più precise…
L’indomani, per i maschietti, gita al museo della tecnica dove qualcuno si è tolto la soddisfazione di vedere in lungo e in largo treni ed aerei perfettamente conservati e collocati; ma anche apprendere come funzionano e come vengono costruite le pale eoliche che costellano il panorama tedesco. Tanto per dire, i treni sono custoditi nell’ala di una vecchia stazione con ancora i ponti girevoli di accesso ai depositi.
Le “ragazze” della truppa invece sono andate al museo ebraico della memoria riportando anche da questa visita un ricordo indelebile, non solo per la mole dei documenti conservati ma anche per la particolare architettura dell’edificio, che è tutto concepito in chiave didascalica e simbolica sulle idee-guida su integrazione-disintegrazione-genocidio-memoria di una comunità. Per non parlare di quell’impressionante opera a forma di vasca che raccoglie i visi stilizzati delle migliaia di persone sterminate, ricavate da migliaia di CD con fessure per riprodurre occhi, naso e bocca. Sembra che stiano ancora gridando…
L’ultimo giorno di vacanza è stato dedicato, da buoni turisti, agli acquisti ai mercatini vicini ai musei, con diretta conoscenza sul posto di un nostro singolare connazionale emigrato a metà tra l’avvocato e l’artigiano che ci ha dato un sacco di interessanti informazioni “dal di dentro” per capire un po’ meglio Berlino e anche un po’ la Germania, che non sono la stessa cosa (come New York non è gli USA).
Poi, proprio all’ultimo, gita al muro di Berlino nel settore est, in una parte della città dove è stato conservato un tratto di un paio di chilometri. Per quanto abbellito con murales fantasiosi e colorati, questo brandello fa una certa impressione; e pensare che il muro non è neanche tanto spesso.
Con un bagaglio di immagini e ricordi, anche gastronomici, invidiabile per una permanenza così breve, ci siamo rimessi in viaggio e in effetti non ci siamo fatti mancare niente in termini di imprevisti: code per un veicolo in fiamme e per il rientro dei tedeschi (ma non erano quelli che facevano le vacanze intelligenti?); chiusura del passo del San Bernardino annunciata all’inizio del tratto montano, e non all’inizio dell’autostrada; necessità di varie soste per la stanchezza.
Alla fine abbiamo riguadagnato il suolo patrio e, appena collegati con Isoradio e sentito il primo giornale radio, abbiamo commentato sconsolati: “Ma in Italia non è cambiato niente!!!”. Le stesse notizie della settimana prima…
Partiti alle 11 di mattina di domenica, all’alba delle 2,30 di lunedì siamo arrivati a casa e adesso siamo pronti, quando ci vediamo, a farvi una capatanta di questa nostra avventura germanica. Sperando vivamente che ci possano essere futuri epigoni perché, oltre che una vera vacanza di quelle in cui per qualche giorno si stacca dai problemi quotidiani, il nostro soggiorno berlinese è stato anche un importante test per collaudare il nostro grado di organizzazione per le trasferte future.
Diciamo che, grazie alla preparazione perfetta della mamma, una volta risolti sul posto i problemi delle dotazioni per camera e bagno, il nostro corredo-bagaglio era completo, comprese le spine elettriche di adattamento, che non sono quasi servite; salvo quei piccoli imprevisti che non puoi considerare se non hai visto prima un posto: come la foggia dei cuscino o l’impiego dei piumoni anche ad agosto, mentre a noi sarebbe bastato lenzuolo e copertina.
Tutta esperienza per la prossima puntata, perché il bello di questa vacanza è stata soprattutto la sensazione di aver rotto il “tabù dell’impossibile” per quanto riguarda le vacanze; di aver fatto una breccia nel nostro personale muro della disabilità (“Another break in the wall”, per dirla con i Pink Floyd). Certo è tutto più difficile, non ci si può distrarre un minuto e ci vogliono risorse aggiuntive per questo tipo di avventure; però “si può fare”.
Adesso ci riposiamo un po’ perché l’avventura è stata faticosa e non è che al ritorno a casa troviamo risolti tutti i problemi, anzi se ne aprono di sempre nuovi. Comunque un po’ di tonico ci voleva e speriamo così di avere una riserva di ottimismo da utilizzare durante l’anno che ci aspetta.
Il nostro augurio è che anche voi abbiate trascorso vacanze serene. Un caro saluto a tutti e a presto Roberto Braccialini & Family ".